Facendo seguito alla comunicazione n. 183, Certificazione Verde Covid-19 nei luoghi di lavoro, si specificano di seguito le disposizioni sull'impiego delle certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo privato.
In particolare, l’art. 3 del decreto-legge 127/2021 (Disposizioni urgenti sull'impiego di certificazioni verdi COVID-19 in ambito lavorativo privato) prevede al comma 1 che dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell'infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell'accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all'articolo 9, comma 2.
Resta fermo quanto previsto dagli articoli 9-ter, 9-ter.1 e 9-ter.2 del presente decreto e dagli articoli 4 e 4-bis del decreto-legge 1° aprile 2021, n. 44, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 2021, n. 76”.
La disposizione di cui al comma 1 si applica altresì a tutti i soggetti che svolgono, a qualsiasi titolo, la propria attività lavorativa o di formazione o di volontariato nei luoghi di cui al comma 1, anche sulla base di contratti esterni (comma 2).
Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai soggetti esenti dalla campagna vaccinale sulla base di idonea certificazione medica rilasciata secondo i criteri definiti con circolare del Ministero della salute (comma 3).
I datori di lavoro di cui al comma 1 sono tenuti a verificare il rispetto delle prescrizioni di cui ai commi 1 e 2. Per i lavoratori di cui al comma 2 la verifica sul rispetto delle prescrizioni di cui al comma 1, oltre che dai soggetti di cui al primo periodo, è effettuata anche dai rispettivi datori di lavoro (comma 4).
I datori di lavoro di cui al comma 1, definiscono, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche di cui al comma 4, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell'accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di cui ai commi 1 e 2. Le verifiche delle certificazioni verdi COVID-19 sono effettuate con le modalità indicate dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri adottato ai sensi dell'articolo 9, comma 10 (comma 5).
I lavoratori di cui al comma 1, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell'accesso al luogo di lavoro, al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.
Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato (comma 6).
Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021 (comma 7). Il decreto in esame stabilisce, altresì, che l'accesso di lavoratori ai luoghi di lavoro di cui al comma 1 in violazione degli obblighi di cui ai commi 1 e 2, è punito con la sanzione di cui al comma 9 e restano ferme le conseguenze disciplinari secondo i rispettivi ordinamenti di settore (comma 8).
Ciò detto, per quanto concerne gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività negli studi professionali medici e odontoiatrici, resta ferma la disposizione di cui all’art. 4, comma 1, del D.L. 01/04/2021, n. 44, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 28 maggio 2021, n. 76, che prevede che: “1. In considerazione della situazione di emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2, fino alla completa attuazione del piano di cui all'articolo 1, comma 457, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e comunque non oltre il 31 dicembre 2021, al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere adeguate condizioni di sicurezza nell'erogazione delle prestazioni di cura e assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario di cui all'articolo 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43, che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socioassistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, nelle parafarmacie e negli studi professionali sono obbligati a sottoporsi a vaccinazione gratuita per la prevenzione dell'infezione da SARS-CoV-2. La vaccinazione costituisce requisito essenziale per l'esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative dei soggetti obbligati. La vaccinazione è somministrata nel rispetto delle indicazioni fornite dalle regioni, dalle province autonome e dalle altre autorità sanitarie competenti, in conformità alle previsioni contenute nel piano”.
Occorre inoltre precisare che il green pass è una certificazione, in formato digitale e stampabile, emessa dalla piattaforma nazionale del Ministero della Salute.
Tale certificazione attesta una delle seguenti condizioni: la vaccinazione contro il Covid-19; l’esito negativo di un tampone antigenico effettuato nelle ultime 48 ore o molecolare effettuato nelle ultime 72 ore; la guarigione dall’infezione.
Il green pass vaccinale riporta quindi categorie particolari di dati personali del paziente, che devono essere oggetto di una particolare tutela da parte di tutti i soggetti, pubblici e privati, che procedano al loro trattamento.
Dunque, in seguito all’introduzione della certificazione verde, alla luce dei recenti obblighi introdotti dal decreto-legge n. 105/2021, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 16 settembre 2021, n. 126, avente ad oggetto l’uso del green pass all’interno delle zone bianche, il Garante per la protezione dei dati personali ha fornito alcuni chiarimenti in merito al trattamento e alla gestione dei dati personali del cittadino, richiedendo, infatti, l’attuale situazione, che vi sia un bilanciamento tra due contrapposte esigenze: quella di preservare la sanità pubblica, attraverso il contenimento della diffusione del Sars-Cov-2, e quella di continuare ad assicurare un’adeguata tutela dei diritti fondamentali, quali la protezione dei dati personali e la libertà di circolazione e di iniziativa economica.
Pertanto, riguardo la tutela dei dati personali, il Garante ha chiarito che il decretolegge n. 105/2021 risulta legittimo nella misura in cui il trattamento dei dati sia limitato esclusivamente a quelli effettivamente indispensabili alla verifica della sussistenza del requisito soggettivo in esame (ossia, titolarità della certificazione da vaccino, tampone o guarigione) e alle operazioni a tal fine necessarie. Va da sé che a condizione che il trattamento dei dati rispetti le modalità prescritte dalle normative vigenti e di quelle in materia di protezione dei dati personali, non sono ravvisabili da parte del Garante gli estremi di un illecito e, di conseguenza, l’irrogazione di alcuna sanzione.
In conclusione, alla luce del su esposto quadro normativo poiché il decreto-legge n. 127/2021 nulla dispone in ordine all'accesso dell’utenza agli ambienti di lavoro, può pacificamente affermarsi che le strutture sanitarie non potranno richiedere l’esibizione del green pass in fase di accettazione del paziente, a meno che non vi sia una specifica previsione normativa che le autorizzi a farlo. Stesso discorso vale per gli studi professionali medici e odontoiatrici.
L'esibizione di certificazioni vaccinali o di esiti di tamponi da parte dei pazienti non rientra fra le misure obbligatoriamente previste dalla legge statale. Attualmente, infatti, nel Decreto Riaperture (d.l. n. 52/2021), si fa esplicito riferimento solo alle RSA, che quindi sono le uniche strutture sanitarie legittimate, fin dal primo giorno di applicazione della certificazione, a subordinare l’ingresso in struttura all’esibizione dello stesso.